Congedo parentale

Il congedo parentale è un periodo di astensione facoltativa dal lavoro concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita.

Per i lavoratori dipendenti, il diritto spetta entro i primi 12 anni di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione/affidamento nazionale o internazionale) per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a dieci mesi, elevabili a undici se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi;

Per i lavoratori iscritti alla Gestione separata, il diritto spetta entro i primi 12 anni di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione/affidamento nazionale o internazionale) per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a 9 mesi;

Per i lavoratori autonomi spetta per 3 mesi per ogni genitore, da fruire nel primo anno di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione/affidamento nazionale o internazionale).

Ai fini del riconoscimento dell’indennità, il genitore è tenuto a presentare domanda di congedo parentale non oltre il giorno di inizio del congedo richiesto.

A differenza del congedo parentale (vedasi FAQ n. 1) il congedo di maternità è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e il puerperio (2 mesi prima la data presunta e 3 mesi dopo la data del parto). Durante il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro la lavoratrice percepisce un’indennità economica sostitutiva della retribuzione. Il periodo di assenza obbligatoria comprende, inoltre, tutti i periodi di interdizione anticipata eventualmente disposta dalla ASL territorialmente competente per “gravi complicanze o persistenti forme morbose” o dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro per condizioni di lavoro pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino.

La lavoratrice dipendente può optare per la flessibilità (1 mese prima del parto e 4 mesi dopo) oppure può prendere i 5 mesi di maternità obbligatoria interamente dopo il parto.

Alle lavoratrici autonome, durante i periodi di tutela della maternità, spetta un’indennità economica, pagata direttamente dall’Inps. L’indennità non comporta l’obbligo di astensione dall’attività lavorativa autonoma. I periodi tutelati dalla maternità sono: i 2 mesi precedenti la data effettiva del parto, i 3 mesi
successivi la data stessa, i periodi antecedenti i due mesi prima del parto, in caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza.

Alle lavoratrici iscritte alla Gestione Separata, non iscritte ad altre forme previdenziali obbligatorie, durante la gravidanza e il puerperio, spetta un’indennità economica pagata direttamente dall’Inps, a prescindere dall’effettiva astensione; la lavoratrice iscritta alla gestione separata può optare per la flessibilità (1 mese prima del parto e 4 mesi dopo) oppure può prendere i 5 mesi di maternità interamente dopo il parto.
Il periodo di astensione per maternità può anche ampliarsi in presenza di provvedimenti di interdizione anticipata o prorogata dall’attività lavorativa. L’interdizione anticipata è riconosciuta alle libere professioniste iscritte alla Gestione Separata solo in caso di gravi complicanze o persistenti forme morbose.
Sia le lavoratrici autonome che collaboratrici a progetto che le autonome iscritte alla Gestione separata, hanno diritto ad ulteriori 3 mesi, immediatamente successivi ai 5 mesi di maternità, nel caso di reddito inferiore a 8.145 euro dichiarato nell’anno precedente l’inizio del periodo di maternità, da rivalutare annualmente in base all’indice Istat.
Il diritto all’indennità è previsto anche in caso di adozione o affidamento preadottivo di minori

La domanda di congedo di maternità (anche quando la lavoratrice opta per la flessibilità o per i 5 mesi dopo la data del parto) può essere presentata entro l’inizio del congedo stesso. Il diritto all’indennità si prescrive entro un anno a decorrere dal giorno successivo alla fine del congedo di maternità.

Per ogni figlio/a, il congedo parentale dei lavoratori dipendenti spetta per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a dieci mesi, elevabili a undici se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi.

Nell’ambito dei suddetti limiti complessivi di coppia, il diritto di astenersi dal lavoro spetta:
– alla madre lavoratrice dipendente per un periodo – continuativo o frazionato – di massimo sei mesi;
– al padre lavoratore dipendente per un periodo – continuativo o frazionato – di massimo sei mesi, che possono diventare sette in caso di astensione dal lavoro per un periodo di almeno tre mesi.
ATTENZIONE: per la indennizzabilità dei periodi di congedo parentale si rinvia alla FAQ n. 7

I periodi di congedo parentale possono essere fruiti dai genitori anche contemporaneamente per lo stesso figlio.

A. In caso di lavoratori dipendenti:
– alla madre, fino al dodicesimo anno di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore;
– al padre, fino al dodicesimo anno di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore;
– entrambi i genitori hanno diritto anche a un ulteriore periodo indennizzabile della durata complessiva di 3 mesi, fruibile anche in modalità ripartita tra i genitori, nei limiti individuali del singolo genitore e nel limite di coppia di 9 mesi indennizzabili.
– sono indennizzabili anche il decimo e l’undicesimo mese nel caso in cui il reddito personale del richiedente il congedo sia inferiore a 2,5 volte la pensione minima.
In caso di parto plurimo, il diritto al congedo parentale spetta, nei predetti limiti, per ogni figlio.
ATTENZIONE : per i complessivi periodi di congedo parentale spettante (indennizzabile e non) vedasi FAQ n. 5
B. I lavoratori iscritti alla gestione separata: possono fruire di massimo 9 mesi di congedo parentale indennizzato:
– Ciascun genitore ha diritto a tre mesi di congedo parentale indennizzato, non trasferibili all’altro genitore.
– I genitori, inoltre, hanno diritto a ulteriori tre mesi indennizzati in modalità ripartita tra loro.
In caso di parto plurimo, il diritto al congedo parentale spetta per ciascun figlio.
C. Ai lavoratori autonomi il congedo parentale spetta per un massimo di tre mesi ciascuno per ogni figlio, da fruire entro il primo anno di vita del bambino o dall’ingresso in famiglia, in caso di adozione o affidamento, del bambino.

No. La nuova normativa ha stabilito che il limite del congedo parentale per la madre è di 6 mesi. I tre mesi previsti per il padre sono incedibili e quindi non possono essere utilizzati dalla madre.

La condizione di genitore solo si verifica in caso di morte o grave infermità dell’altro genitore, in caso di abbandono o non riconoscimento oppure in caso di affido esclusivo con provvedimento giudiziario. Quando si verifica tale condizione il genitore solo (lavoratore dipendente) può fruire di tutti i 9 mesi indennizzabili riconosciuti alla coppia.

Gli ulteriori 2 mesi sono indennizzabili solo se ha un reddito personale inferiore a 2,5 volte la pensione minima (vedasi FAQ n. 7)

Tale scenario non si applica in caso di genitori “single”.

Se il sabato e la domenica non lavorativi rientrano all’interno di un periodo di congedo parentale, allora sono computati.
Perché tali giorni non vengano computati nel periodo di congedo parentale, il lavoratore deve riprendere l’attività lavorativa. Le ferie, o le assenze ad altro titolo, non comportano ripresa dell’attività lavorativa e pertanto non interrompono il congedo parentale.
Esempio: dal lunedì al giovedì congedo parentale, il venerdì ferie (o assenza ad altro titolo) lunedì congedo parentale. Il sabato e la domenica sono computati a titolo di congedo parentale.
Per non essere conteggiati a titolo di congedo parentale il sabato e la domenica o i giorni festivi devono essere ricompresi in un periodo di assenza ad altro titolo. Esempio: dal lunedì al giovedì congedo parentale, dal venerdì al lunedì ferie (o assenza ad altro titolo) martedì congedo parentale. Il sabato e la domenica non sono computati a titolo di congedo parentale.

No, i mesi di congedo sono rimasti gli stessi riconosciuti dalla precedente normativa. È stata tuttavia aumentata l’indennità che, per un solo mese, passa dal 30% all’80%. Tale aumento è riconosciuto alla coppia, quindi ad uno dei genitori in via esclusiva o ripartita tra loro.

La madre ha diritto ai riposi per allattamento durante il congedo parentale del padre. Il padre lavoratore dipendente non ha diritto a fruire dei riposi per allattamento per lo stesso bambino nello stesso periodo in cui la madre fruisce del congedo di maternità e/o parentale.
Nel caso di più figli, il padre lavoratore dipendente ha diritto a fruire dei riposi per allattamento nello stesso periodo in cui la madre fruisce del congedo di maternità e/o parentale per altro figlio.

Il congedo parentale è un diritto che può essere fruito, nei termini di legge, senza una preventiva autorizzazione da parte dell’istituto.

E‘ stato riconosciuto il congedo di paternità obbligatorio per 10 giorni lavorativi indennizzato al 100%. Il padre lavoratore dipendente deve utilizzare questo congedo dai 2 mesi antecedenti la data presunta del parto e fino ai 5 mesi successivi alla data del parto.

Il mese di congedo parentale indennizzato all’80% è fruibile non oltre i primi 3 mesi di congedo parentale.

Al momento non è prevista una domanda apposita per il riconoscimento del congedo parentale all’80%. I primi periodi fruiti, fino ad un massimo di 1 mese di coppia, sono indennizzati automaticamente all’80% dal datore di lavoro, salvo il caso in cui vi siano trattamenti di maggior favore contrattualmente previsti.

Il congedo parentale al 30% spetta per tutti i mesi indennizzabili previsti dalla normativa. Qualora si abbia diritto ad un mese di congedo indennizzato all’80%, i restanti mesi sono indennizzati al 30%.

Il congedo parentale è fruibile solo in costanza di rapporto di lavoro. I datori di lavoro privati sono obbligati per legge ad anticipare per conto dell’INPS le indennità di congedo parentale in busta paga, salvo per gli operai agricoli, per i lavoratori stagionali e per i lavoratori a termine dello spettacolo, per i quali è previsto il pagamento diretto da parte dell’Istituto.

L’Istituto si occupa delle tutele dei lavoratori dipendenti del settore privato. I dipendenti pubblici devono rivolgersi alle proprie amministrazioni datrici di lavoro.

Si, il trattamento di maggior favore (100% per i primi 30 giorni di congedo parentale) previsto per i dipendenti pubblici ha natura contrattuale. Non può, pertanto, precludere il diritto del genitore dipendente del settore privato ad una tutela indennitaria prevista per legge.

Consulta la circolare INPS n. 45 del 16 maggio 2023, in cui sono disponibili anche i codici da usare nelle denunce UniEmens.

L’indennità deve essere richiesta al proprio datore di lavoro, che potrà portarla a conguaglio con l’Istituto secondo le indicazioni fornite nel paragrafo 4 del Messaggio INPS n.2821/2023.

Il Congedo parentale può essere fruito ad ore. Si rinvia alla contrattazione collettiva di settore il compito di stabilire le modalità di fruizione del congedo su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa.

In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, la fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadri settimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale.

Quando la somma delle ore fruite a titolo di congedo parentale orario è pari al monte ore equivalente alla giornata lavorativa, specificamente stabilito dal contratto collettivo o aziendale, si considera fruita una giornata di congedo parentale.
Nel caso di fruizione a “mezza giornata”, due mezze giornate sono computate come un giorno di congedo parentale.

Nella propria pagina “My INPS” è possibile consultare tutte le domande presentate all’Istituto e lo stato di lavorazione delle relative pratiche.

L’aumento dell’indennità riguarda esclusivamente i lavoratori dipendenti, mentre sono escluse tutte le altre categorie di lavoratori, come i lavoratori autonomi e gli iscritti alla Gestione separata.

L’aumento dell’indennità non aggiunge un mese di congedo parentale, ma incrementa l’indennità al 60% della retribuzione (o all’80% per il solo anno 2024) per un ulteriore mese rispetto al primo.

L’ aumento dell’indennità è riconoscibile a condizione che il mese di congedo parentale sia fruito entro i 6 anni di vita del figlio (o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) e il congedo di maternità o paternità (alternativo o obbligatorio) termini dopo il 31 dicembre 2023.

Se uno dei genitori è lavoratore dipendente e l’altro no, l’ulteriore mese di congedo parentale indennizzato spetta solo al genitore dipendente.

– Un mese è indennizzato all’80% della retribuzione, entro i 6 anni di vita o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o di affidamento del minore;
– Un ulteriore mese è indennizzato al 60% della retribuzione (80% per il solo 2024), entro i 6 anni di vita o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o di affidamento del minore;
– Sette mesi sono indennizzati al 30%, a prescindere dalla situazione reddituale;
– I rimanenti 2 mesi non sono indennizzati, salvo il caso in cui il richiedente si trovi nella condizione reddituale prevista dall’articolo 34, comma 3, del T.U. 151/2001.

La domanda deve essere presentata in modalità telematica attraverso il portale istituzionale www.inps.it, il Contact center integrato o gli Istituti di Patronato.

Sarà il datore di lavoro ad erogare la maggiorazione in busta paga, secondo le indicazioni fornite da Inps con la Circolare n. 57 del 18 aprile 2024.

La differenza risiede nell’ammontare dell’indennità: il congedo indennizzato all’80% è previsto solo per il 2024, mentre dal 2025 in poi l’indennità sarà al 60%.

Se un genitore non fruisce del congedo parentale, i suoi mesi non trasferibili non possono essere fruiti dall’altro genitore.

Se uno dei genitori fruisce del congedo di maternità o di paternità (alternativo o obbligatorio) dopo il 31 dicembre 2023, il padre ha diritto a un mese di congedo parentale indennizzato all’80% della retribuzione, come previsto dalla legge di Bilancio 2023, e a un ulteriore mese indennizzabile all’80% della retribuzione, previsto dalla legge di Bilancio 2024, se fruito entro il 31 dicembre 2024, altrimenti al 60% se fruito dal 1° gennaio 2025 ed entro il compimento di 6 anni di età del figlio.
Se il figlio è nato a partire dal 1° gennaio 2024, il diritto alla maggiorazione dell’indennità di congedo parentale per due mesi spetta a prescindere dalla fruizione del congedo di maternità o di paternità successivamente al 31 dicembre 2023.

La durata del periodo di congedo parentale è esattamente pari ad un mese o ad un multiplo dello stesso (es.: dal l ° gennaio al 31 gennaio ovvero dal 18 febbraio al 17 marzo) si computano uno o più mesi interi. Se i periodi sono di durata inferiore al mese, si sommano le giornate di assenza di ciascun periodo fino a raggiungere il numero 30, considerando le stesse pari ad un mese. Se i periodi sono di durata superiore ad un mese (ma non multipli dello stesso), si computa il mese od il numero di mesi inclusi nei periodi medesimi secondo il calendario comune, lasciando come resto il numero dei giorni che non raggiungono il mese intero.

Si, perché si prende in considerazione l’ultimo congedo fruito, quindi il congedo di paternità obbligatorio. Dunque, la coppia potrà fruire di un mese di congedo parentale all’80% in ragione di quanto previsto dalla legge di bilancio 2023 e di un ulteriore mese di congedo parentale all’80%, se fruito nel 2024, per effetto delle disposizione di cui all’articolo 1, comma 179, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (legge di Bilancio 2024).

Fonte www.inps.it